Venedikt Erofeev, Mosca-Petuški (1970)
Mario Caramitti
Mosca-Petuški (1970) di Venedikt Erofeev
Mosca-Petuški può ben essere considerato un trattato sull’alcool, e anzi in questa veste preluderebbe al genere del saggio finzionale semiserio, popolarissimo in Russia negli anni Novanta. In realtà però, nel poema, la vodka è tutto fuorché un distillato di grano. È semplicemente la veste, verbale e logica, che si getta addosso a qualsiasi cosa di cui si voglia parlare, e si parla forse di tutto quanto c’è al mondo. Come nei criptolinguaggi infantili, quando tutto, mettiamo, diventa cacca. Tanto forti, tanto netti e ingombranti sono i realia alcolici, quanto in ultima analisi irrilevanti.
Cita come:
Mario Caramitti, Mosca-Petuški (1970), in OpeRus: la letteratura russa attraverso le opere. Dalle origini ai nostri giorni, a cura di M.C. Bragone, M. Caramitti, R. De Giorgi, L. Rossi, S. Toscano, Wojtek Edizioni, Pomigliano d'Arco (NA) 2023-, pp. 1-40, operus.uniud.it.
ISBN 9788831476386, DOI 10.61004/OpeRus0073
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Venedikt Erofeev (1938-1990)
Divenire il classico per eccellenza del secondo Novecento con un solo libro. Anzi, con cento paginette. Nell’assoluta strozzatura di ogni margine di creatività poetica imposta dalla società sovietica. Venedikt Erofeev non ha fatto altro che vivere coerentemente e consapevolmente tutta la propria vita di emarginato come una prova generale per quel minimo libro onnicomprensivo, nel quale l’esistenza scialba e storpia del comune cittadino sovietico ha trovato una geniale incarnazione e metamorfosi cartacea.
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