Marina Cvetaeva, Poema della montagna, Poema della fine (1924)
Noemi Albanese
Poema della montagna, Poema della fine (1924) di Marina Cvetaeva
Su ogni pretesa di veridicità e di rappresentazione dell’evento biografico scatenante predomina l’elemento artistico, la vocazione primigenia a essere, più e sopra ogni altra cosa, Poeta. Non a caso anche Iosif Brodskij aveva riflettuto a lungo sul rapporto esistente tra il ‘testo della vita’ e il testo poetico nell’opera di Cvetaeva, concludendo che “per lei la realtà è sempre un punto di partenza, non di sostegno, né tantomeno lo scopo del viaggio, e quanto più è concreta, tanto più lo slancio è forte e la spinge lontano”. Tali premesse appaiono cruciali per approcciarsi alla ‘dilogia’ costituita da Poema della montagna (Poėma gory) e Poema della fine (Poėma konca).
Cita come:
Noemi Albanese, Marina Cvetaeva, Poema della montagna, Poema della fine (1924), in OpeRus: la letteratura russa attraverso le opere. Dalle origini ai nostri giorni, a cura di M.C. Bragone, M. Caramitti, R. De Giorgi, L. Rossi, S. Toscano, Wojtek Edizioni, Pomigliano d'Arco (NA) 2023-, pp. 1-18, operus.uniud.it.
ISBN 9788831476386, DOI 10.61004/OpeRus0066
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Marina Cvetaeva (1892-1941)
Marina Cvetaeva nasce a Mosca il 26 settembre (8 ottobre) 1892. Suo padre, Ivan Cvetaev, era un importante filologo classico, professore all’Università di Mosca; ciò la avvicinerà in seguito a un altro scrittore che conoscerà a Berlino e col quale intesserà una profonda amicizia, anch’egli figlio di un cattedratico: Andrej Belyj. Sua madre, Marija Mejn, era una pianista, e grazie a lei sviluppa quell’interesse per l’elemento musicale e fonico che sarà centrale nella sua poesia.
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